Alla faccia della privacy
Si parla di 1000 clip audio al giorno che passano per le mani di un dipendente medio, con turni lavorativi di 9 ore. I dipendenti, intervistati dalla nota testata giornalistica, avrebbero rivelato che lo spionaggio di Alexa viene protetto dal segreto aziendale e da vari NDA. Coinvolti tutti gli utenti, anche chi sceglie di non partecipare al programma di miglioramento del riconoscimento vocale.
Una novità? Niente affatto. Sappiamo bene come compagnie del calibro di Google e Facebook cerchino in ogni modo di entrare prepotentemente in possesso dei nostri dati, che lo vogliamo o meno. Gli scandali sulla sicurezza che le coinvolgono stanno diventando sempre più frequenti e forse il consumatore ci sta facendo il callo.
Magari stiamo iniziando a normalizzare certi tipi di comportamenti, a legittimare l’invasione della sfera privata da parte dei colossi informatici. Per cosa, poi? Per risparmiare 1 o 2 secondi con un comando vocale e il desiderio di essere sempre online. Ne varrà davvero la pena? E fin dove potranno spingersi queste multinazionali prima di incappare in pesanti guai con la legge?